Sono giorni che mi frullano per la testa una miriade di considerazioni sulla situazione che stiamo vivendo in questi giorni a causa del Coronavirus. Chiaramente, con la chiusura delle scuole, avendo Furbetto scatenato a casa ad assorbire la mia giornata, non mi è semplicissimo prendere del tempo per buttare giù qualche riga di senso compiuto. Tuttavia, affinché questo modestissimo blog abbia un minimo di senso, mi sento in dovere di trovarlo questo benedetto tempo perché, anche se fossero solo dieci i miei lettori e a cinque di loro passasse il mio messaggio, mi riterrei già soddisfatta.
RESTIAMO A CASA!
Finalmente è stato il Governo a chiederlo con forza, a tutti, anche se molti ancora non ne capiscono il senso e gridano all’inutile allarmismo. Ebbene, credo che se si possa parlare di errori nella gestione di questa situazione, il più grande sia stato quello di non spiegare in maniera semplice il perché di tanta prudenza, nonostante si stesse parlando di un virus cugino del banale raffreddore.
MANCANO I POSTI IN RIANIMAZIONE
Non voglio sentenziare sul perché questo non sia stato subito evidenziato ma, probabilmente, avrebbe illuminato le menti di molti cittadini che un mesetto fa ridevano e scherzavano al bar, facendo finta di starnutirsi addosso . Sarò sincera, anche io inizialmente sono rimasta passiva di fronte a notizie contraddittorie e fuorvianti ma continuavo a chiedermi: “Perché tanta preoccupazione da parte delle istituzioni, se in fondo si tratta di un’influenza?” La risposta bastava cercarla proprio lì, sotto il mio naso: la matematica!
Era il 27 febbraio quando mi sono imbattuta in questo articolo che vi consiglio di leggere:
La matematica dell’epidemia Coronavirus: unica luce per uscire dal tunnel di ignoranza e di paura
Si tratta di un articolo che evidenzia le difficoltà a cui andrebbe incontro il nostro SSN qualora la curva di espansione del virus continuasse a crescere in maniera esponenziale. L’ho letto troppo tardi e troppo tardi è stato detto chiaramente agli italiani, questo è un dato di fatto. Non so se le cose sarebbero andate diversamente, forse no; siamo un popolo strano, abbiamo paura solo se il pericolo ci riguarda personalmente o tocca chi ci è molto vicino.
Perciò quando i nostri figli faranno capricci perché non vorranno più stare in casa, ci imploreranno di festeggiare con gli amici il loro compleanno, ricordiamoci dei nonni, di qualche amico che sta affrontando il calvario della chemioterapia, di chi è meno fortunato di noi che godiamo di buona salute e comportiamoci da vere mamme che contano. Diciamo:
NO. RESTIAMO A CASA!
Si tratta di un atto di responsabilità di cui andremo fiere quando tutto questo sarà finito.