Matematica ed emozioni: quale è il nesso fra loro? Il successo in matematica, oltre che dall’effettiva abilità, dipende dall’atteggiamento verso la materia. Il ruolo delle emozioni è quindi di centrale importanza.
Avere cura della vita emotiva dei bambini, prestare attenzione alle loro esperienze affettive, vuol dire fornire tutti quegli strumenti necessari per interpretare, conoscere e valorizzare il loro mondo interiore.
Per molti anni l’educazione emotiva è stata trascurata, credendo che fosse meno importante rispetto ai cosiddetti saperi “primari”. Oggi le neuroscienze indicano una sovrapposizione tra sviluppo intellettivo e sviluppo emotivo-affettivo, per cui non si può pensare di intraprendere un percorso di apprendimento realmente efficace, tralasciando l’aspetto emozionale.

Le emozioni ci accompagnano sempre, le “sentiamo” e segnano il nostro comportamento fin dai primi mesi di vita. Soprattutto all’inizio della loro esistenza, i bambini sperimentano una molteplicità di sentimenti, anche contrastanti, che possono confonderli, impaurirli, proprio perché non ne hanno padronanza. L’alfabetizzazione emotiva, cioè la capacità di regolare le proprie emozioni e provare empatia per l’altro, è una competenza complessa, che si acquisisce solo nel tempo.
Costruire quindi un percorso di educazione alle emozioni è di grandissima importanza perché serve ad avvicinare alla consapevolezza del sé: conoscere il proprio stato d’animo e capire quali conseguenze esso possa avere sul comportamento, vuol dire anche prendere coscienza dei propri bisogni.
Matematica ed emozioni
Se chiedessi a ciascuno di voi, anche ai più bravi in matematica, quale fosse il sentimento provato prima di un compito in classe, un’interrogazione o un esame universitario, sono certa che la maggior parte mi risponderebbe la paura: paura di sbagliare, di non capire, o di apparire inadeguati.
Oltre alla paura ci sono altre emozioni negative associate alla matematica (rabbia, ansia, frustrazione, infelicità, noia) e generalmente prevalgano di gran lunga su quelle positive (felicità, eccitazione, divertimento, fiducia, sollievo).
Quello che succede è che se un bambino sperimenta emozioni negative mentre apprende, ogni volta che rimetterà in memoria quello specifico apprendimento, tirerà fuori gli stessi stati d’animo.
Come spiega la Prof.ssa Rosetta Zan:
“Il bambino cerca di dare un senso alle diverse esperienze, di metterle in relazione l’una con l’altra e tenta di anticipare, secondo gli schemi costruiti, le esperienze future. Esso interpreta i comportamenti dell’insegnante e dei compagni, e si costruisce delle vere e proprie teorie all’interno delle quali tali comportamenti trovano una spiegazione coerente. Costruisce così degli standard di riferimento in base ai quali riconosce il successo ed il fallimento; si forma cioè delle convinzioni sugli obiettivi delle varie attività, su cosa vuol dire andar bene o andar male in matematica, e quali ne sono le cause”. |
Il successo in matematica quindi, oltre che dall’effettiva abilità, dipende anche dall’atteggiamento nei confronti della disciplina.
Il ruolo delle emozioni perciò diventa centrale, come testimoniano gli studi di ricerca in campo di Didattica della Matematica:
Si tratta di un argomento complesso, impossibile da trattare in poche righe ma se qualcuno fosse interessato, nel link qui sopra è possibile trovare utili approfondimenti.
Quando e come iniziare a parlare di emozioni?
Tornando alle prime esperienze nel campo delle emozioni, per i bambini molto piccoli, in età prescolare, un ruolo importante è rivestito dalla narrazione. Raccontare ai bambini la rabbia, spiegando che è un sentimento normale, che si può provare ad esempio di fronte ad un’ingiustizia, ad una bugia, ad un insulto, ad un divieto, diventa un modo per avere meno paura di ciò che accade nella propria testa.
Oggi esistono molti libri su cui fare affidamento, pensati proprio per avvicinare i bambini al mondo delle emozioni. Si tratta di racconti che hanno come protagonista un personaggio empatico, in cui i piccoli riescono facilmente ad immedesimarsi. Gli accadimenti della storia sono molto vicini a ciò che può accadere ad un bambino ed il finale diventa l’espediente per rivelare ciò che il protagonista prova, ciò che pensa.
Quale libro scegliere?
Come vi dicevo esistono tantissimi libri che parlano di emozioni, c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Non so se quello di cui voglio parlarvi sia il migliore ma a Furbetto è piaciuto tantissimo: “I colori delle emozioni” di Anna Llenas.

L’abbiamo conosciuto grazie ad un progetto di continuità nido-scuola dell’infanzia (ormai parliamo di qualche anno fa) che vedeva collaborare bambini di diverse fasce d’età, alle prese con le loro emozioni.

La storia parla del Mostro dei colori che un giorno si è svegliato tutto colorato: blu, giallo, rosso, verde e nero. Chi può aiutare il povero mostro, disorientato e confuso, in mezzo al groviglio delle sue emozioni?

Sarà una bambina a fargli scoprire che a ogni emozione corrisponde un colore: il giallo è il colore dell’allegria, il rosso è il colore della rabbia, il verde quello della calma, il blu della tristezza e il nero della paura. E sempre grazie a lei imparerà a separare le emozioni, ognuna nel proprio barattolo. Ciò che conta infatti è saper riconoscere il proprio stato d’animo, perché le nostre emozioni “in ordine funzionano meglio!“.

I colori delle emozioni è un libro pieno di tenerezza, dai disegni semplici ed immediati. Ne esiste anche una versione Kamishibai, il tradizionale teatrino giapponese di cui vi avevo parlato tempo fa. Attraverso i suoi personaggi si impara che tutte le emozioni sono normali, che non c’è niente di male nel sentirsi tristi, impauriti oppure arrabbiati. L’importante è dare un nome a ciò che si prova per uscire dal disorientamento, vivere l’emozione stessa e agire sulla sua causa per cercare di stare meglio.
Il Sudoku delle emozioni
Visitando il sito ufficiale dell’autrice si possono trovare utili suggerimenti per lavorare, insieme ai bambini, su colori ed emozioni. L’invito è quello di sperimentare percorsi che permettano ai più piccoli di imparare ad identificare e denominare i propri stati d’animo, per poterli poi esprimere in modo spontaneo ed autentico.

Fra tutte le attività proposte, la più semplice e adatta ai più piccoli è quella di imitare il mostro. Si prendono cinque barattoli, ognuno contrassegnato da un’emozione e si lascia che i bambini vi inseriscano oggetti del giusto colore. Nel frattempo si può chiedere loro di raccontare cosa li rende felici, cosa suscita in loro sentimenti di rabbia oppure di tristezza.
Se invece cercate un’attività stimolante, capace di coinvolgere i più grandicelli, vi consiglio di provare il Sudoku delle emozioni.

Nella sua versione originale il Sudoku si presenta come una griglia di 9 righe e 9 colonne, suddivise in “sottogriglie” di 3×3 celle contigue. Ciascuna cella può contenere un numero da 1 a 9, oppure può essere vuota. Lo scopo del gioco è quello di riempire le caselle bianche con numeri da 1 a 9 in modo tale che in ogni riga, in ogni colonna e in ogni regione siano presenti tutte le cifre da 1 a 9, senza ripetizioni.
Si tratta di un gioco di logica e non di matematica, anche se alcuni ricercatori hanno messo in evidenza molti legami tra il Sudoku e i quadrati magici. Le proprietà dei numeri non vengono mai utilizzate e quindi si possono sostituire con simboli, lettere o colori.

Quella che potete vedere in foto è una versione semplificata. Ho utilizzato pedine di legno colorate e rappresentanti il mostro nei suoi diversi stati d’animo. Si tratta di un Sudoku con 6 sottogriglie da 2×3 celle, realizzate su un semplice foglio di carta, dove sistemare i colori corrispondenti alle emozioni di rabbia, tristezza, allegria, calma, paura e amore.

Per i più piccolini potete optare per una versione ancora più semplice, con 4 griglie 2×2. Naturalmente dovrete scegliere solo quattro colori con cui giocare ma per i bimbi alle prime armi saranno più che sufficienti.
Alla fine del gioco, chiedete ai vostri figli di che colore si sono sentiti. Alcuni potrebbero aver provato rabbia, qualora non fossero riusciti a trovare la soluzione, altri calma visto che si tratta di un tipico gioco per il relax, oppure gioia per aver superato la sfida. L’importante è discuterne insieme, cercare di aiutarli a riconosce le proprie emozioni per imparare, con il tempo, a gestirle senza problemi (anche se non ci si riesce per davvero nemmeno da adulti 🤭).
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