Il costume di Arlecchino è la maschera di Carnevale per eccellenza. La sua storia è ricca di insegnamenti e nasconde spunti matematici tutti da scoprire.
Il Carnevale, con i suoi colori sgargianti, le maschere, i coriandoli e le stelle filanti, è una delle feste più amate e attese dai bambini. Ogni anno però noi mamme tremiamo al solo pensiero della fatidica domanda: “Tesoro da cosa vuoi vestirti a Carnevale?”.
Se siete davvero fortunate, vi faranno la lista degli eroi e delle principesse più in voga del momento. In tal caso niente panico, sugli scaffali dei negozi troverete quasi tutti i costumi dei loro beniamini, spesso anche a buon mercato. Ma se la maschera scelta è il Fantasma di Marshmallow?
Ora lo so cosa starete pensando: “Cosa c’entrano i Gosthbusters con il costume di Arlecchino?”. Prima di rispondervi ecco la storia della nascita del costume più famoso del Carnevale.
Il costume di Arlecchino
C’era una volta un bambino di nome Arlecchino che viveva con la sua mamma in una povera casetta. Arlecchino andava a scuola a Bergamo. Per Carnevale la maestra organizzò una bella festa e propose a tutti i bambini della scuola di vestirsi in maschera.
I bambini accolsero l’idea con molto entusiasmo. Arlecchino però era triste perché sapeva che la sua mamma era povera e non avrebbe mai potuto comprargli un costume per l’occasione!

Gli altri bimbi ebbero un’idea: ciascuno di loro decise di portargli uno scampolo di tessuto colorato avanzato dai loro costumi. La mamma di Arlecchino lavorando tutta la notte, cucì fra loro tutti i rombi di stoffa e ne fece un abito originale.
Al mattino Arlecchino trovò in cucina un bellissimo abito variopinto. Alla festa della scuola, quando Arlecchino entrò in classe, tutti lo accolsero con un fragoroso applauso. E così nacque la bella maschera di Arlecchino.
Questione di Problem Solving
Una delle cose che ripeto più spesso a Furbetto quando piange disperato di fronte ad un ostacolo è che, per ogni problema, si può tentare di trovare una soluzione. La storia che avete appena letto ne è la dimostrazione.
I compagni di Arlecchino, dotati di grande empatia, riconoscono un problema nel vedere il loro amico infelice. Ecco che quindi si danno da fare per escogitare un piano. Ma come spesso avviene l’unione fa la forza e ognuno porta il suo contributo, mamma compresa, con la sua grande esperienza di sarta.
Una bellissima storia di altruismo, solidarietà e amicizia ma anche un modo per parlare ai bambini di Problem Solving e spiegare che le questioni “difficili” si possono affrontare con positività e ingegno.
Dal canto suo Furbetto deve aver interiorizzato il messaggio perché, nonostante i tentativi per farlo desistere, è rimasto dell’ idea di mascherarsi da Fantasma di Marshmallow: “Perché no? Tu dici sempre che tutto si può fare!”.
Il Fantasma di Marshmallow
Come avrete capito Furbetto ha avuto la meglio, non potevo deluderlo! In fondo non è stato difficilissimo, soprattutto grazie a qualche dritta trovata in rete. Nulla a che vedere con i bellissimi costumi cuciti ad arte da mamme sarte, però sono davvero soddisfatta del risultato.
Ecco come ho realizzato il fantasma di Marshmallow:
Occorrente |
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-Lupetto bianca; -pantalone bianco; -guanti bianchi; -pancia finta; -feltro azzurro; -feltro bianco; -feltro rosso; -feltro nero; -cappello da cuoco; -uniPOSCA; -imbottitura; -colla a caldo. |
Per prima cosa ho ricavato il volto del fantasma tagliando un cerchio dal feltro bianco. Ho disegnato e ritagliato i fori degli occhi. Con del feltro nero ho realizzato la bocca e con quello rosso la lingua che successivamente ho incollato con la colla a caldo.


Ho utilizzato un cappello da cuoco che avevo in casa, l’ho rivestito con una striscia di feltro azzurra ed ho completato con la scritta “Stay Puft” (un uniPOSCA bianco andrà benissimo).
Ho riempito la cima del cappello con un po’ di imbottitura (ho inserito e fissato un cartoncino circolare perché l’imbottitura non fuoriuscisse) ed ho aggiunto un nastro rosso e un cerchietto azzurro, entrambi di feltro.
Ho cucito insieme il cappello e la maschera, infine ho fissato un elastico da fare passare sotto il mento. A questo punto ho realizzato la pettorina da marinaio con il feltro azzurro.


Ho ritagliato la sagoma e ricavato l’apertura per il collo, completando i bordi con strisce di feltro bianco incollate con colla a caldo. Ho aggiunto il cravattino rosso, ricavato da due strisce di feltro annodate insieme e incollate per le estremità alla pettorina.
Per avere il costume completo fate indossare lupetto (inserite anche una pancia finta per un effetto più realistico) e pantaloni bianchi. Sistemate la pettorina e fate calzare il cappello-maschera. Si possono aggiungere guanti e scarpe bianche per un risultato davvero perfetto.
Il costume di Arlecchino e le Tassellazioni
Tornando alla mamma di Arlecchino, si tratta davvero di una donna speciale: abile sarta, problem solver e con una innata propensione verso la geometria. In poche parole…una vera mamma che conta!

La stoffa che è riuscita a creare, partendo dagli scampoli colorati offerti dai compagni di Arlecchino, è un esempio di tassellatura del piano. In geometria piana, si dicono tassellature (talvolta tassellazioni o pavimentazioni) i modi di ricoprire il piano con una o più figure geometriche ripetute all’infinito senza sovrapposizioni.

Tali figure geometriche, dette appunto “tasselli”, sono spesso poligoni, regolari o no, ma possono anche avere lati curvilinei, o non avere alcun vertice. Nell’immagine in alto un altro esempio di tassellatura carnevalesca.
Se volete un’ attività divertente da fare con i bambini vi suggerisco Gaia e il Carnevale tratta dal libro di Elena Rinaldi Facciamo che eravamo matematici, edito da Scienza Express.
Si tratta di un testo pensato per i bambini della primaria che è possibile utilizzare anche in secondaria inferiore e, con una guida adeguata, anche nella scuola dell’infanzia. Si può utilizzare per proporre alcune attività con l’intento di fare conoscere in modo giocoso e sperimentale aspetti spesso sconosciuti della matematica.
Il Teorema dei quattro colori
La mamma di Arlecchino aveva cucito un abito davvero sorprendente, fatto a losanghe (i rombi per intenderci) e utilizzando tutti i pezzetti di stoffa colorata di cui disponeva. Per rendere il motivo il più colorato possibile, aveva cercato di non affiancare rombi dello stesso colore. La regola è questa:
Due regioni (o aree) confinanti non devono essere colorate dello stesso colore. Due regioni che si toccano solo per un punto non sono considerate confinanti. |
Quanti colori doveva avere a disposizione la mamma di Arlecchino, come minimo, per soddisfare questa regola?

Se invece di riuscire a ricavare dei rombi di uno stesso colore, fosse riuscita a ricoprirne uno con pezzetti di stoffa colorata come indicato in figura, quanti colori avrebbe dovuto utilizzare, al minimo, per ottenere un rombo variopinto seguendo la stessa regola di prima?
Fate provare a colorare la figura ai vostri figli, sarà una sfida accattivante, per niente semplice. In matematica esiste un teorema, il teorema dei quattro colori, che afferma che data una superficie piana divisa in regioni connesse, sono sufficienti quattro colori per colorare ogni regione facendo in modo che regioni adiacenti non abbiano lo stesso colore.
Insomma avete visto quante cose si possono imparare dalla storia di Arlecchino e del suo costume di Carnevale? Spero come sempre di esservi stata utile e se vi è piaciuto questo articolo scrivetelo nei commenti. Seguitemi anche sulla pagina Facebook per restare sempre aggiornati.
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